Non riesci a dormire per la paura dei ladri? Potresti soffrire di harpaxofobia: ecco di cosa si tratta

Non riesci a dormire per la paura dei ladri? Potresti soffrire di harpaxofobia: ecco di cosa si tratta

Matteo Casini

Novembre 27, 2025

La luce del corridoio accesa fino all’alba, la mano che controlla ancora la serratura prima di uscire, il telefono che resta acceso sul tavolo per sorvegliare la casa tramite telecamere. Per molte persone non è un gesto isolato, ma una condizione che si ripete: la paura di essere derubati prende il sopravvento. Questo stato d’ansia ha un nome preciso, harpaxofobia, ed indica la paura intensa e persistente dei ladri o dell’essere aggrediti durante un furto. È una paura che cambia il comportamento quotidiano e trasforma la casa — quel luogo che dovrebbe proteggere — in un punto di osservazione costante.

Paura dei ladri: da dove nasce

L’harpaxofobia si colloca nello spettro dei disturbi d’ansia e spesso trae origine da un evento diretto: un furto subito, un tentativo di effrazione o l’assistere a un’aggressione. Tuttavia non è raro che la fobia nasca per via indiretta, attraverso racconti, immagini o servizi giornalistici che enfatizzano il pericolo. In molte città italiane, dove le notizie di cronaca rimbalzano sui social, l’esposizione mediatica amplifica la sensazione di vulnerabilità e altera la percezione del rischio.

La mente, dicono gli esperti, tende a sovrastimare la probabilità che si verifichi l’evento temuto: è un meccanismo di difesa che può spingere a comportamenti di controllo ripetuti. Alcuni evitano strade o mezzi pubblici; altri rinunciano a portare con sé oggetti di valore o a viaggiare. Un dettaglio che molti sottovalutano è che la continua attenzione al pericolo rinforza il ricordo dell’episodio e mantiene alta l’allerta, alimentando così il circolo vizioso della paura.

Non sempre la soluzione sta solo nella sicurezza esterna. Spesso è necessario leggere questo timore come segnale che il cervello ha registrato una minaccia percepita e ora la tratta come realtà costante. Lo raccontano i clinici: intervenire sul modo in cui si valuta il pericolo è tanto importante quanto migliorare le protezioni fisiche dell’abitazione.

Quando la casa non è più un rifugio

Il cuore che accelera, il sudore alle mani, la difficoltà a prendere sonno: sono reazioni comuni quando la paura di intrusioni diventa persistente. L’harpaxofobia si manifesta con sintomi fisici come tachicardia e tremori, ma anche con comportamenti mentali come pensieri intrusivi e verifiche ripetute delle porte e delle finestre. Questi segnali possono convivere con forme più ampie di sofferenza, in cui la persona sviluppa abitudini rigide per sentirsi al sicuro.

Secondo ricerche di psicologia ambientale, chi vive con un costante senso di insicurezza domestica presenta livelli più elevati di insonnia e ipervigilanza. Chi teme le effrazioni tende a investire continuamente in dispositivi di sorveglianza, a ripetere controlli prima di uscire e a evitare situazioni percepite come rischiose. Un aspetto che sfugge a chi vive in città è che questa routine di controllo incide anche sulle relazioni sociali: si riducono le uscite serali, si limita la fiducia negli altri, diminuisce la qualità del tempo libero.

Gli psicologi osservano che la ripetizione del comportamento di controllo rafforza la memoria legata all’evento traumatico, consolidando la credenza che la minaccia sia imminente. Per questo motivo intervenire solamente sulla componente esterna — telecamere o cancelli — può non bastare: è necessario affrontare anche il modo in cui la persona interpreta il pericolo e costruisce i propri rituali di sicurezza.

Non riesci a dormire per la paura dei ladri? Potresti soffrire di harpaxofobia: ecco di cosa si tratta
Un bambino coperto da cuscini, quasi a volersi nascondere, per evidenziare la paura della harpaxofobia. – pardalia.it

Come affrontarla: dalla terapia alla sicurezza pratica

Per chi vede la paura dei ladri trasformarsi in limitazione quotidiana, il percorso più efficace è di solito terapeutico. La psicoterapia cognitivo-comportamentale aiuta a riconoscere e modificare i pensieri distorti che mantengono lo stato d’allerta, attraverso esposizioni graduali alle situazioni temute e l’addestramento a risposte alternative. Accanto a questo, tecniche di rilassamento e la mindfulness possono ridurre la reattività fisica associata all’ansia.

Un dettaglio che molti sottovalutano è che semplici pratiche quotidiane — respirazione consapevole, attività fisica regolare, limitare l’esposizione a notizie ansiogene — contribuiscono a ripristinare una sensazione di sicurezza interna. Al contempo, misure pratiche applicate alla casa migliorano il senso di protezione senza alimentare la paura: serrature robuste, infissi a norma e sistemi di controllo accessi possono essere utili quando integrati a un intervento psicologico.

In termini pratici, è utile preparare un kit di emergenza con torcia e numeri utili, evitare di condividere in tempo reale la propria posizione sui social e variare la routine per ridurre la prevedibilità. Chi sceglie sistemi tecnologici dovrebbe valutare anche servizi di monitoraggio con risposte rapide da parte di operatori, senza però affidare tutta la gestione della sicurezza alla tecnologia. L’equilibrio tra interventi esterni e lavoro sulla percezione del pericolo è la strada che molti professionisti raccomandano: un approccio che riduce l’ansia e restituisce alla casa la funzione di rifugio sicuro.